(ANS – Roma) – “Chiunque. Ovunque. Sempre. Tutti hanno il diritto di cercare sicurezza” è il motto prescelto per la Giornata Mondiale del Rifugiato 2022, che si celebra oggi, 20 giugno. In base al rapporto annuale dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR, in inglese), alla fine del 2021 le persone in fuga da guerre, violenze, persecuzioni e violazioni di diritti umani risultavano 89,3 milioni – un dato più che doppio rispetto a quello calcolato dieci anni prima, e che non tiene ancora conto dei circa 12 milioni di ucraini costretti a scappare a motivo della guerra. Per questo oggi si può affermare che nel mondo le persone obbligate ad abbandonare le proprie case ha raggiunto l’incredibile cifra di oltre 100 milioni di persone.
Oggi ci sono persone in fuga in tutti i continenti: all’Ucraina segue la Siria, con 6,8 milioni di persone in fuga, il Venezuela con 4,6 milioni, l’Afghanistan, con 2,7 milioni, il Sudan del Sud, con 2,4 milioni, il Myanmar con 1,2 milioni… E guardando ai dati del rapporto UNHCR emergono altre informazioni sconsolanti: più di 30 milioni di persone sono in fuga a causa delle molteplici guerre in corso; circa 35 milioni sono minori e oltre 1 milione di persone è nato già in fuga.
Il conflitto in Ucraina ha riportato sotto i riflettori la situazione dei rifugiati (le persone fuggite all’estero), e degli sfollati interni (scappati da dove vivevano, ma rimasti nel loro Paese). Le immagini di migliaia di donne e bambini che trascinano piccole valigie attraverso i confini europei hanno suscitato commozione ed empatia in tutto il mondo.
Ma purtroppo la guerra in Ucraina ha aperto anche un nuovo, enorme fronte di persone bisognose, con contraccolpi devastanti in altre aree del globo: è infatti notizia di questi giorni che il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite ha dichiarato di vedersi costretto a ridurre le razioni di cibo per i rifugiati in Africa orientale e occidentale, poiché a causa della guerra in Europa il prezzo dei prodotti di base, soprattutto del grano, si è impennato. “Siamo costretti a prendere la decisione straziante di tagliare le razioni di cibo per i rifugiati che fanno affidamento su di noi per la loro sopravvivenza”, ha dichiarato il direttore esecutivo del PAM David Beasley.
La giornata del 20 giugno serve a sensibilizzare per questo l’opinione pubblica su una realtà che riguarda una quantità enorme di persone nel mondo, e che obbliga tutti a fare proprie i 4 verbi di Papa Francesco per i rifugiati: “Accogliere, proteggere, promuovere e integrare”.
I salesiani, eredi di Don Bosco, lo fanno a 360°: aiutando nei luoghi di conflitto come Siria e Ucraina; sulle frontiere dei Paesi, come tra Messico e Stati Uniti; o in forma diffusa nei Paesi vicini a quelli di crisi, come possono testimoniare tanti venezuelani accolti nel nome di Don Bosco in tutta l’America Latina.
Altri casi degno di nota si hanno, ad esempio, a Kakuma, in Kenya dove i salesiani, che vivono all’interno del campo profughi – il secondo maggior campo di tutto il continente – hanno sviluppato tutta una serie di programmi e servizi per i rifugiati, come il “Savio Club”, che da solo educa e anima oltre 10.000 minori.
O in Pakistan, dove la comunità salesiana di Quetta, ha offerto riparo e beni di prima necessità ai rifugiati afghani in fuga dal Paese a partire dallo scorso agosto, e ha consegnato loro tende, coperte, cibo e medicine.
O in Uganda, nel campo di Palabek, dove i salesiani – anche in questo caso residenti all’interno – hanno promosso molteplici attività, tra cui un Centro di Formazione Professionale con corsi di meccanica, cucito, edilizia, agricoltura, parrucchiere ed energia solare che permette ai giovani e agli adulti lì accolti di sperare in futuro migliore.
O, per concludere questa breve rassegna, in Egitto, dove, grazie al “Progetto Aurora per i rifugiati urbani e le persone vulnerabili del Cairo”, i salesiani offrono formazione per aiutare questi bisognosi ad acquisire le competenze necessarie per l’occupazione o il lavoro autonomo. Ad oggi, il progetto ha migliorato le opportunità di sussistenza e la qualità della vita di oltre 3.000 rifugiati dell’Africa subsahariana, yemeniti e siriani e di persone egiziane vulnerabili. Il progetto garantisce formazione tecnica e professionale e prevede anche sovvenzioni per l’avvio di microimprese e un sostegno costante per lo sviluppo di progetti imprenditoriali.
Oltre a tutto l’aiuto che è loro possibile dare nelle rispettive circostanze – dall’alloggio al vitto, dall’accompagnamento spirituale all’assistenza psicologica e burocratica, dall’educazione ai minori alla formazione al lavoro… – i salesiani condividono il sogno di tutti i rifugiati e gli sfollati di vedere la pace e la prosperità nei loro Paesi per poter tornare a casa. E in attesa di quel giorno, continuano a stare al loro fianco.